Alla scoperta della diversità, con Sebastião Salgado

Ad accompagnarci nel cuore dell’Amazzonia è Sebastião Salgado, con la sua spettacolare fotografia. La mostra, al MAXXI di Roma è il frutto di un lavoro di sei anni in cui Salgado ha fotografato l’Amazzonia brasiliana, e le comunità indigene che vi abitano.

Entrando negli spazi della mostra, ci viene proposta una vera e propria esperienza sensoriale. Nella luce soffusa si apre davanti a noi un inaspettato paesaggio, visivo e sonoro… le musiche in sottofondo composte da Jean-Michel Jarre ripropongono i suoni della foresta, i versi degli animali, lo scorrere dell’acqua, il vento tra gli alberi. Si cammina nella foresta incontrando un airone bianco, una cascata che scende a picco da un altopiano, un fiume serpeggiante, una montagna di tremila metri, un gioco di nubi che lascia intravedere un arcobaleno. Le fotografie sono adagiate su pareti scure o su pannelli sparsi, calati dal soffitto. Muovendosi verso il centro della sala, come addentrandosi nel cuore dell’Amazzonia si incontrano ambienti colorati con ocra rossa, che ricordano le ocas, le capanne delle tribù indigene. Diversi sono i gruppi etnici ritratti al loro interno, Xingu, Awá-Guajá, Zo’é, Suruwahá, Yawanawá, Marubo, Asháninka, Korubo,Yanomami, Macuxi, ora in posa nell’intento di mostrarsi fieri all’obiettivo, ora impegnati in attività del loro quotidiano, in ogni caso li percepiamo nella loro natura, fieri guardiani di un ecosistema incontaminato, intatto, nel quale si concretizza un equilibrio imperturbabile fra uomo e ambiente che lo accoglie. Ad esaltare sguardi, espressioni, paesaggi, un rigoroso bianco e nero, che grazie al gioco di luci, ombre e contrasti, non ci fa sentire alcuna nostalgia del colore.

Salgado ci propone una riflessione attenta sulla situazione ecologica e sul rapporto che gli esseri umani hanno con i territori che abitano. Dopo anni come testimone di orrori e brutture di genocidi e migrazioni, pone il suo sguardo su quanto di più prezioso dovremmo preservare, la biodiversità del pianeta. Abbiamo già scritto di Salgado rispetto al lungometraggio che Wim Wenders ha realizzato sulla sua vita e la sua opera, “Il sale della terra”, un film che anticipa parte di quanto possiamo ammirare in questa mostra. Con Amazônia, Salgado allarga il concetto di bio-diversità, coinvolgendo non solo il patrimonio naturale, ma anche quello culturale, umano, che storicamente lo abita.

Questa esperienza fotografica sollecita la nostra attenzione su due dimensioni in particolare, la relatività dei sistemi rappresentazionali con cui percepiamo e costruiamo il mondo e il valore della vita di comunità nell’organizzare e mediare l’esperienza umana. Queste due suggestioni ci riconducono entrambe al concetto di Habitus, inteso come struttura, strutturata e strutturante che contribuisce a orientare le pratiche sociali di un gruppo. Attraverso la dimensione dell’habitus, diverse discipline, ecologia, etnografia, antropologia, sociologia, etnopsicologia e filosofia ci forniscono categorie di lettura per comprendere quanto la distinzione fra corpo e mente, fra mondo interno e mondo esterno e gli stessi concetti di salute, malattia, cura e benessere siano culturalmente determinati.

Gli Habitus, come sistemi differenziati e differenzianti, che ci confrontano con le diversità fra culture, territori, abitudini, stili di vita, ci mettono di fronte ad una complessità che molte volte viviamo come minaccia anziché come patrimonio comune a cui attingere. Costruiamo la nostra identità attraverso processi di differenziazione e proprio grazie alle differenze ci affermiamo come Soggetti. L’alterità che ci viene proposta in questa esperienza fotografica è qualcosa che ci riguarda… Salgado ci accompagna per mano nei meandri di un paesaggio molto lontano da noi, nel vivo di culture indigene quasi sconosciute e ci invita con assoluta discrezione a prendere una posizione, che non è solo di osservatori silenti di un territorio meravigliosamente selvaggio, ma di partecipanti attivi alla salvaguardia di una diversità naturale e culturale, che una dannosa politica anti-indigena rischia di far scomparire.

Amazônia, mostra fotografica di Sebastião Salgado, al MAXXI di Roma, fino al 25 aprile 2022.

Marzia Roberto
Psicologa – Psicoterapeuta

Letizia Battaglia. Qual è la vera follia?

Foto di Letizia Battaglia - 1993 - Rosaria Schifani

Foto: Letizia Battaglia – Rosaria Schifani, 1993

Gli orrori degli anni di piombo, le pozze di sangue dei morti ammazzati, la povertà rinchiusa nei vicoli di una città decadente, lo sguardo amaro dei bambini condannati ad essere adulti prima del tempo, l’innocenza dei pazzi in manicomio… Letizia Battaglia racconta Palermo, la sua città, odiata e amata nel profondo, dalla quale è più volte fuggita, ma sempre ritornata.

Racconta l’odore rancido del sangue e della povertà, una povertà fatta non solo di indigenza, ma soprattutto di privazione della libertà, della giustizia, della possibilità di dare respiro ad un popolo soffocato dalla paura.
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La fotografia sociale di Gianni Berengo Gardin

Foto di Gianni Berengo Gardin

Foto: Gianni Berengo Gardin

Su Gianni Berengo Gardin si è detto e scritto a volontà, e lui stesso si è raccontato molto nelle numerose interviste rilasciate. La sua bravura è nota a tutti e la bellezza delle sue fotografie innegabile… ma bravura e bellezza sono due categorie che non ci dicono molto, se non per esprimere una sintesi di gradimento.
I suoi scatti vanno assaporati e rivissuti, perché sono narrazioni di vita, del nostro paese, testimonianze che raccontano le persone e l’Italia, dagli anni 50 ai nostri giorni.  Continua a leggere

Jean-Luc Moulène “Il était une fois” – Quando il ricordo è ri-trovarsi nella storia

Jean Luc Moulène, Tricolore, 2015 (foto di Marzia Roberto)

Jean Luc Moulène, Tricolore, 2015 (foto di Marzia Roberto)

C’era una volta…è l’incipit con cui spesso si da inizio a storie fantastiche, fiabesche e a volte anche un po’ nostalgiche. Il était une fois, appunto, questo il titolo della mostra di Jean-Luc Moulène, organizzata dall’Accademia di Francia presso Villa Medici a Roma, dal 30 aprile al 13 settembre 2015.
Giungiamo dopo molti mesi all’evento, che fra pochi giorni vedrà la sua conclusione…e a maggior ragione possiamo sussurrare c’era una volta”, a Villa Medici, una suggestiva esposizione di opere di un artista contemporaneo francese, che ha destato la nostra attenzione. Continua a leggere

Afarin Sajedi e la libertà coltivata – opere in mostra a Roma

Afarin Sajedi 1Capita, a volte, passeggiando fra i vicoli del centro storico di Roma, di imbattersi, in piccole gallerie d’arte che ti risucchiano all’interno. A catturarti, oltre alle suggestive e calde atmosfere degli ambienti e degli spazi espositivi, si resta affascinati da un’opera o da un quadro che si intravede dall’ingresso…impossibile non varcare la soglia per guardare più da vicino…in questo modo è avvenuto l’incontro con alcune opere di Afarin Sajedi, esposte alla Dorothy Circus Gallery di via dei Pettinari.  Continua a leggere

CHAGALL – Love and Life

“La pittura deve avere un contenuto psicologico.
Io stronco sul nascere ogni mio impulso decoratico.
Attenuo il bianco, amalgamo il blu con mille pensieri”.
Marc Chagall

Dopo più di vent’anni, ho compreso perché, all’epoca della mia adolescenza, considerassi Chagall fra i miei pittori preferiti. La mostra in corso a Roma dal 16 marzo al 26 luglio 2015 al Chiostro del Bramante, “Chagall. Love and Life”, me ne ha dato la possibilità.  Continua a leggere

Il sale della terra di Wim Wenders

Il sale della terraIl sale della terra non è soltanto un film…è un film e una mostra fotografica…il sale della terra non è soltanto un film e una mostra fotografica…è soprattutto un viaggio…un viaggio nel terrificante e incantevole mondo narrato attraverso lo sguardo di Sebastião Salgado e la sapiente guida di Wim Wenders, accompagnato alla regia dallo stesso figlio di Salgado, Juliano. Un viaggio nella vita e nell’opera del fotografo brasiliano, narrata da lui stesso, attraverso i suoi progetti fotografici e insieme ai personaggi significativi della sua vita.  Continua a leggere