Uno dei suggerimenti per le prime settimane che si leggono nei libri o sui social e che una neomamma si sente raccomandare in ospedale è “dormite quando il vostro bimbo dorme”!
Di per sé sembrerebbe facile e intuitivo.
Già dopo una settimana ci si rende conto di quanto è difficile riposare se ogni due tre ore tocca dare da mangiare, cambiare un pannolino e riaddormentare il piccolo.
Risulta scomodo dormire a qualsiasi ora è vero… fino a pochi mesi fa una di quelle indicazioni sarebbe suonata alle nostre orecchie come un’imposizione: mettiti sul divano e dormi!
Non sarà strano, nelle prime settimane di vita del nostro bimbo, avere una sorta di ribellione interna per tutto quello che non si può fare più con libertà: mangiare, uscire, lavorare… eppure presto, molto presto sarà il nostro corpo a chiederci di dormire anche solo 3 minuti.
Inizieranno una serie di microsonni tali e quali a quelli dei neonati, giornalieri e soprattutto notturni per recuperare energie in poco tempo.
Piano piano nelle settimane sarà possibile iniziare a pensare al bimbo come una persona vigile che fa parte del nucleo familiare e che può fare compagnia alla mamma mentre si riappropria delle cose che può tornare a realizzare.
La mamma scopre che non è da sola. C’è un bimbo accanto a lei mentre sbuccia le patate, fa una doccia, guarda la tv, prova a lavorare.
Quindi c’era una donna, diventata una mamma con un neonato.
Erano un’unica cosa e ancora rimarranno tale per tanti momenti, ecco perché la mamma riuscirà a imparare a dormire quando il bimbo dorme! Questa donna ora mamma non ha più modo di seguire i propri ritmi perché dovrà, ma soprattutto vorrà, mantenere propri quelli del piccolo.
Quando saranno due? una mamma e un bambino? Due entità distinte, davvero separate?
Alcune donne sperano che questo avvenga prima possibile, altre più in là nel tempo, per altre ancora è un processo che non dovrebbe arrivare mai.
Chi ha ragione? Un po’ tutte..
Unione e Separazione sono le modalità di cui siamo fisiologicamente dotati per la sopravvivenza. La coppia madre-bambino si separerà quando entrambi si riconosceranno in grado di sopravvivere alla divisione.
La psicoanalista Edith Jacobson ha sviluppato nel secolo scorso il costrutto unione-separazione, nel volume “Il sé e il mondo oggettuale”.
Jacobson, pioniera, dà un’importante definizione di identità, vista come consapevolezza di sé o sentimento di sé che è ancora presente nelle più attuali teorie dell’attaccamento. Studia infatti l’ontogenesi della crescita del bambino dividendo i primi anni di vita in alcune fasi:
- Fase dell’indifferenziazione, caratterizzata dal narcisismo primario in cui il sé è “psicofisiologico indifferenziato”. I processi fisiologici sono indipendenti da stimolazioni sensoriali esterne.
- Fase delle risposte a pulsioni esterne, in cui s’inizia una differenziazione tra libido e aggressività. Sono presenti fantasie di fusione e di frustrazione.
- Fase della separazione-individuazione, in cui si ha un’iniziale immagine di sé.
- Fase della costanza dell’oggetto, durante il quarto e quinto anno di vita.
- Fase di latenza.
- Adolescenza.
Il sonno rappresenta uno degli elementi che danno inizio e collaudano unione e separazione, una donna, diventata mamma con un bambino e poi, nel tempo una mamma e un bimbo… quindi due entità.
Possiamo pensare al sonno, come elemento necessario alla vita, fisiologica e psicologica, che ripercorre tutte e sei le fasi proposte da Jacobson.
Neonato e neomamma dovranno adeguare entrambi il proprio comportamento all’altro insegnandosi nel tempo reciprocamente nuove sensibilità.
Un neonato, quando ha sonno, dorme in qualsiasi luogo e circostanza, la madre può imparare a farlo, e questo finché entrambi si trovano nella prima fase, ancora indifferenziati. In pratica sono la stessa cosa perché hanno fisiologicamente gli stessi ritmi circadiani e una interdipendenza psicologica elevata che serve al neonato per sopravvivere.
Dalla seconda alla terza fase, da una iniziale differenziazione tra sé e l’altro, a una separazione-individuazione passeranno almeno tre anni. Madre e figlio si conoscono ormai bene. Sanno che possono essere un tutt’uno quando c’è un bisogno ma allo stesso tempo emerge l’urgenza, soprattutto per il piccolo in piena crescita, di essere altro slegato come individuo dal genitore.
Un esperimento interessante ci dice che i bambini ad esempio riconoscono la propria immagine riflessa allo specchio intorno ai 3 anni. Altri territori nella scoperta dell’immagine di sé verranno conquistati grazie alla progressiva capacità del bambino di riferirsi a se stesso e alle esperienze soggettive tramite il linguaggio.
Il bambino comincerà ad utilizzare il nome proprio e termini come “Io”, “Me”, “Mio”, per comunicare all’adulto i propri desideri e bisogni o per distinguersi da un fratello. Rispetto al sonno alcuni bambini saranno già in grado di dormire magari da soli e in un’altra stanza.
Nelle ultime tre fasi la coppia madre-figlio è già ampiamente collaudata, ed è appunto una coppia composta da due individui differenti con ritmi fisiologici e psicologici differenti.
Pertanto il passaggio dall’essere una persona al portarne dentro una per nove mesi è stato quasi naturale, ma il passaggio dal dover essere un’unica cosa con un neonato e al contempo a sentirsi separati da lui è molto complesso.
Iniziamo immaginandoci come una batteria che ha bisogno di essere ricaricata ogni tre ore.
Antonietta Dattola
Psicologa – Psicoterapeuta
Io alterno sentimenti diversi con mia figlia anche ora che ha 33 anni!
È grave?
Non vediamo l’ora di vivere a Dio piacendo la sua di maternità!
Ci sta provando…con un po’ di difficoltà.
Io prego e la amo come posso.
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I sentimenti si alternano per tutta la vita cosicché possiamo sentirne e far sentire all’altro una gamma sempre più vasta. Ci auguriamo che il tuo desiderio e quello di tua figlia si avveri presto.
Grazie Vincenza per il tuo commento, sempre prezioso 🙂
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Grazie a te per il tuo post!
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