Gli orrori degli anni di piombo, le pozze di sangue dei morti ammazzati, la povertà rinchiusa nei vicoli di una città decadente, lo sguardo amaro dei bambini condannati ad essere adulti prima del tempo, l’innocenza dei pazzi in manicomio… Letizia Battaglia racconta Palermo, la sua città, odiata e amata nel profondo, dalla quale è più volte fuggita, ma sempre ritornata.
Racconta l’odore rancido del sangue e della povertà, una povertà fatta non solo di indigenza, ma soprattutto di privazione della libertà, della giustizia, della possibilità di dare respiro ad un popolo soffocato dalla paura.
Ma in tutto questo terrore, nei suoi scatti ritroviamo anche tanta bellezza, che ha saputo ritrarre soprattutto negli occhi dei bambini e delle donne, in cui si rispecchia, ritrovando forza e speranza per continuare a sognare.
La mostra “Letizia Battaglia. Per pura passione” è al MAXXI di Roma fino al 17 aprile. Ritroviamo i suoi scatti più significativi, ma anche documentari, interviste e altre testimonianze delle sue esperienze, teatrali, editoriali e politiche. Un’esposizione che ci fa conoscere questa artista oltre l’etichetta con cui è famosa in tutto il mondo… “fotografa contro la mafia”.
Dedichiamo più di qualche parola al suo lavoro e alla sua persona, perché… è la prima donna fotografa a collaborare con la redazione di un giornale (il quotidiano palermitano L’Ora); è la prima donna e fotografa europea a ricevere, nel 1985, il premio “W. Eugene Smith“, a New York; ma è soprattutto una donna che considera la fotografia come qualcosa che può generarsi solo da un’intima esperienza personale con ciò che ci accade intorno… e di esperienze, Letizia, nella sua Palermo ne ha vissute tante. Alcune prova a raccontarle nel video “La mia Battaglia. Franco Maresco incontra Letizia Battaglia”, presentato in anteprima al MAXXI.
Letizia Battaglia è un nome evocativo, che esprime indissolubilmente la gioia e la fatica di combattere per conquistare e difendere la sua e altrui libertà. E’ una donna che bisogna incrociare almeno una volta nella propria vita, perché il suo coraggio e la sua sensibile umiltà hanno tanto da raccontare e non ci si stancherebbe mai di starla ad ascoltare.
Emblematico il suo racconto dei due anni di volontariato presso l’ospedale psichiatrico di via Pindemonte a Palermo, dove interessata al mondo dei “pazzi” chiede di entrare. Incontra un’iniziale diffidenza proprio per il suo essere fotografa, poi riesce a stabilire un primo contatto con i ricoverati semplicemente lanciandogli una palla, la reazione è di estremo stupore ed entusiasmo e Letizia comprende come nessuno abbia mai mostrato interesse ad interagire con loro. L’uso della palla presuppone uno scambio, un lanciare, prendere e rilanciare. Inizia un gioco di squadra… con i pazienti dell’ospedale mette in piedi un laboratorio teatrale e ne documenta quella che lei chiama la loro Innocenza.
Forse Letizia ha voluto chiedere e chiedersi quale sia la vera follia… la brutale violenza che riempie l’Italia di morti? Lo sguardo collusivo e silente delle istituzioni e dei cittadini o la pazzia rinchiusa nelle quattro mura di un manicomio?
Di Palermo Letizia ha sempre detestato il silenzio, il silenzio di una folla che ritualmente si ammassa attorno al morto, ma non denuncia. Una folla che vuol restare anonima, indisturbata, rintanata.
E’ un legame indissolubile quello che ha con le sue fotografie, tanto da aver desiderato distruggerle, per liberarsi da un passato carico di sofferenza e delusioni. Letizia considera la sua battaglia ormai persa, ma non si rassegna alla sconfitta e difende la possibilità di aver fatto la sua piccola parte e continua a sperare che qualcosa cambi.
A 82 anni pensa al futuro, ai progetti che vuol vedere realizzati nella sua città, primo fra tutti il Centro Internazionale della Foto, per dare spazio e voce ai giovani artisti locali e internazionali.
E’ con pura passione che guardiamo alla sua opera.
Marzia Roberto
Psicologa – Psicoterapeuta